lunedì 22 ottobre 2007

LA CINA IN UN FILM ITALIANO

Da tempo conosco un artista italo-cinese, Hsiao Chin (vedi http://www.aleluja.info/hsiaochin.html), con cui ho parlato diverse volte, e di cui gusto sempre più a fondo le preziose opere. E devo dire che si stanno arricchendo le mie poche conoscenze della Cina, conoscenze perlopiù libresche, ma collegate all'esperienza viva di alcuni missionari. Con questo bagaglio che mi permetto di dire "culturale", ho ritrovato ciò che mi è nato dentro, vedendo il film di Gianni Amelio e Sergio Castellitto: La stella che non c'è. E' una storia che si svolge fra l'Italia e la Cina. Parla di un operaio di un'acciaieria italiana di nome Vincenzo Buonavolontà, il quale intraprende una missione in Cina per conto della propria azienda: deve portare una centralina che faccia funzionare l'impianto che è stato venduto all'azienda cinese. Presto si rivela una missione veramente difficile per i problemi della lingua, e per tutta una serie di ostacoli imprevisti, che portano Vincenzo a vivere un'avventura unica attraverso le terre di quella Nazione: un mare magnum che sembra davvero un altro pianeta. Ma Vincenzo è determinato a portare a termine la sua missione, e gli arriva l'aiuto inatteso di Liu Hua, una giovane interprete cinese che aveva visto a Roma. Lei lo porta a casa sua, nel suo villagio d'origine, perso nella Cina interna, dove vive il suo bambino senza genitori, ed affidato alle cure della nonna. A questo bambino Vincenzo si affeziona nel poco tempo che rimangono nel villaggio. Infatti devono ripartire per raggiungere la loro destinazione, e dopo tante peripezie, finalmente arrivano nella grande industria, a cui deve consegnare la centralina. Che in realtà non serve più, e senza che Vincenzo lo sappia, viene gettata via dai direttori dell'impianto mastodontico, nel quale doveva essere inserita. Quindi Vincenzo viene arrestato dalla polizia. E poi viene rilasciato. Ma Liu Hua non c'è più. E lui si ritrova a dover viaggiare per il mare immenso delle sconfinate terre cinesi, per tornare a casa. Ma gli succede di ritrovare lei, che non credeva più di ritrovare. Forse solo allora lui può confessare a se stesso d'essere innamorato. Così tutto sembra essere stato un pretesto per potere conoscere ... l'amore. Nelle immagini del film, nella superba interpretazione dei protagonisti, nelle ambientazioni descritte, che siano gli alveari delle aree metropolitane o le distese desertiche delle campagne, quello che tocca il cuore è vedere l'uomo che si perde in un'umanità anonima, e dover riconoscere che ritrova se stesso nell'esperienza dell'amore, solo per un incontro assolutamente improbabile, ma reale. Al punto che si può provare un sentimento di struggente sgomento per una tale situazione. Quello sgomento che già inondava l'animo del poeta italiano Giacomo Leopardi nel "Canto notturno di un pastore errante per l'Asia" e che si documenta nelle domande radicali, che il poeta mette in bocca al pastore. Sono domande radicali in cui consiste il nucleo dell'esperienza umana, ma alle quali soltanto l'esperienza dell'amore può dare risposta. Nella storia narrata dal film di Amelio e Castellitto, c'è dunque qualche riflesso di questo amore. E questo ci rende la Cina... più vicina. Anzi, presente nel nostro cuore.

sabato 20 ottobre 2007

NATO BLOG

oggi nella data della veglia missionaria mondiale è nato il mio blog ... vediamo che ne sarà